QUALE COSCIENZA
Qual è oggi la situazione per quanto
riguarda il problema coscienza?
La
situazione è un po’ paradossale nel senso che, se da un lato si continua a
sviluppare idee, teorie e ricerche, dall’altro non si capisce ancora se tutti
stanno parlando dello stesso problema.
“Quale
coscienza?” potrebbe essere la domanda cioè, cosa
stiamo cercando di definire quando diciamo coscienza?
Senza
utilizzare parole quali ‘ontologia’ ed ‘epistemologia’,
possiamo dire che due sono i modi di intendere la coscienza: uno soggettivo,
l’altro oggettivo. Il primo “appartiene” alla filosofia, il secondo, alla
scienza. La filosofia dice che non è possibile analizzare oggettivamente la
soggettività, la scienza dice, in sostanza, che la soggettività non esiste e se
proprio dovesse esistere, vorrà dire che prima o poi
sarà oggettivata. Non è possibile quindi che questi due campi di indagine utilizzino lo stesso termine per definire
concetti non sovrapponibili.
Come si
può fare, allora, per tener distinti questi due modi di intendere la coscienza?
Un modo
può essere quello qui di seguito proposto, che tiene
conto della distinzione che ho già fatto nella tesi sulle dimensioni
psicologiche, e che servirà da traccia per ogni successiva considerazione:
-
Esiste una soggettività (fisica) che è il
risultato della complessità fisica. Questa soggettività è quella che per i
filosofi della mente produce i qualia (per cui la percezione, ad esempio, di un colore rosso è
diversa da individuo ad individuo). Questa soggettività agisce a livello
inconsapevole.
-
Esiste poi una oggettività
che è il risultato di leggi sia fisiche che sociali (nel senso di norme). E’
questa che io collego al termine di coscienza (prendere, oggettivamente, coscienza di qualcosa). Questa oggettività agisce a livello
cosciente.
-
Infine, esiste una soggettività (psicologica)
che è il risultato di una complessità psicologica, che ci rende unici. E’ a
questa che io collego il termine di consapevolezza. Prendere consapevolezza di
qualcosa significa riuscire a riflettere su quella cosa, riflessione che è
soggettiva perché legata all’unicità del proprio vissuto. Questa soggettività
agisce a livello consapevole.
Quindi, se accettiamo questa tripartizione
capiamo che uno dei due approcci deve rinunciare al termine di coscienza. In
questo caso (ma solo per una mia convenzione) è la filosofia a dover
rinunciare, una rinuncia che secondo me è comunque
ripagata dal senso più alto del termine ‘consapevolezza’ attraverso cui l’uomo
può esprimere tutte le sue potenzialità di ‘Essere pensante’.
La confusione di significato, tutt’oggi presente, è la stessa che troviamo nel senso popolare
del termine. Infatti quando noi diciamo “ognuno
risponde alla propria coscienza” diamo un valore sia soggettivo che oggettivo
del termine che viene a coincidere con il concetto di morale quale punto di
contatto tra anima e corpo (morale che nasce in un contesto sociale fatto di
valori culturali e spirituali) .
La morale, invece, non dovrebbe coincidere con la coscienza ma essere la
risultante della combinazione tra:
- soggettività fisica
(la percezione sensoriale della realtà),
- realtà oggettiva
(il mondo delle regole e delle leggi),
- soggettività
psicologica (legata all’esperienza vissuta in prima persona);
la
morale si evolverà, allora, passando da una morale inconsapevole (in sostanza
una morale che coincide con le leggi dalla Natura), ad una morale cosciente
fatta di regole sociali o religiose, per giungere ad una morale consapevole
frutto della propria riflessione.
Prima
di proseguire è bene fare un piccolo riassunto di quanto sin qui detto per
rendere più evidenti le questioni aperte.
Aggrovigliati in questo termine troviamo più aspetti, alcuni di questi sono:
-
l’aspetto del rapporto tra mente – cervello: entra qui in gioco, ad
esempio, il problema della coscienza come espressione di un qualcosa
completamente slegato dal mondo fisico, oppure, al contrario, di una similitudine
con il computer dove il cervello è l’hardware e la mente il software
-
l’aspetto del rapporto tra gli stati della mente: questo è un aspetto meno
toccato (per me invece fondamentale) e tutti si accaniscono a definire la
coscienza come se, nello stato di veglia, possa esistere solo questo stato
mentale;
-
l’aspetto del rapporto tra soggettività e oggettività: questo comporta
capire se esiste e cos’è la soggettività;
-
l’aspetto del rapporto tra uomo ed esperienza: si tratta di capire se la
componente affettivo-emotivo entra in gioco in ciò
che chiamiamo coscienza.
A conferma di quanto sopra riportato
vediamo ora, a grandi linee, alcune delle principali
Teorie della Mente e coscienza.